Pensieri di una ricercatrice precaria
“Almeno da quassù si può vedere l’orizzonte. Ci hanno detto che difendiamo i baroni, ma qui sul tetto non se ne vede uno. Dopo dieci anni che faccio ricerca devo ancora spiegare a tutti a che cosa serve il mio lavoro. Dicono che i concorsi sono truccati: per capire se è vero mi piacerebbe poterne fare almeno uno. L’Università di Stato deve dimagrire così l’Università privata può ingrassare. Gli scippi mi hanno sempre fatto paura, ma non sapevo che si potessero scippare anche le borse di studio. Sui tetti si sogna, si sogna l’Università pubblica, libera e aperta. Siamo stanchi di sentir dire: sono troppo giovane, che sono troppo vecchia, che ho pubblicato poco, che ho pubblicato troppo, che sono troppo autonoma, che sono troppo dipendente, che sono stata troppo all’estero, che non ci sono stata abbastanza. Forse vado via da questo paese: non posso più sentirmi inutile dopo tanti anni di ricerca… o forse rimango qui. Se se ne vanno i ricercatori portano via il futuro; senza futuro il paese muore.”
Immagine via http://www.istitutospallanzani.it