Hendrix e la Fisica: la chitarra elettrica

Autore:
Massimiliano Grimaldi
  • Direttore responsabile

jimi-hendrixCome funziona una chitarra elettrica? (Introduzione)

La storia della chitarra elettrica iniziò nel momento in cui si avvertì l’esigenza di uno strumento che avesse alcune caratteristiche proprie della chitarra, ma che contemporaneamente potesse suonare insieme ad altri strumenti senza esserne sovrastato dal volume. Con la nascita di orchestre jazz e blues ci si rese conto del problema della limitata amplificazione delle chitarre acustiche. Quando i pickup elettromagnetici furono applicati per la prima volta alle chitarre lo scopo era dunque quello di rendere lo strumento più “rumoroso”, ovvero tale da poter suonare a volumi ben più alti di quelli che potevano offrire le normali chitarre acustiche. Si presentava dunque la possibilità di collegare tali strumenti ad amplificatori di “qualsiasi” portata in maniera tale che lo strumento non trovasse come unica fonte di amplificazione la sua cassa armonica, la quale, per motivi di praticità (e di utilizzo stesso dello strumento) non avrebbe mai potuto superare determinate dimensioni. 
Non ci volle molto per realizzare che questo nuovo tipo di chitarra non solo aveva un suono differente dalle chitarre acustiche, ma il suono stesso era carico di nuove potenzialità. Inoltre il timbro era sorprendentemente dipendente dalla costruzione e dal posizionamento dei pickup così come dalla combinazione di vari pickup, a parità dei legni e dei materiali vari utilizzati per la realizzazione di una chitarra elettrica, i quali contribuiscono anch’essi alle caratteristiche del suono.

Dopo i primi esperimenti risalenti già agli anni ’20, il primo pickup elettromagnetico per chitarre entrò nell’uso comune intorno al 1940 (per merito soprattutto del famoso chitarrista jazz Charlie Christian) ed era costituito da una lunga bobina rettangolare formata da parecchie spire di filo molto sottile avvolto attorno ad una barretta magnetica. Il pickup era montato di piatto sotto le corde metalliche della chitarra, cioè su di un piano parallelo a quello determinato dalle corde. Il tipo successivo impegnava sei magneti cilindrici separati, uno sotto ciascuna corda, tutti, però, avvolti da una singola bobina. Al principio i magneti non erano regolabili in altezza sotto le corde, ma erano preregolati in fabbrica. Questa bobina singolmusa multimagnete (single coil) è stata usata nei famosi modelli Telecaster e Stratocaster. Per una maggiore sensibilità degli elettromagneti si pensò poi di avvolgere con filo ogni singolo magnete.
Le sei bobine così ottenute potevano essere collegate sia in serie che in parallelo.

Su una chitarra elettrica viene rilevato soltanto lo spostamento della corda all’altezza del pickup. L’idea di “raccogliere” un solo specifico aspetto di una complessa interazione meccanica e di inviarlo ad un amplificatore e quindi ad un altoparlante (cassa) sotto forma di segnale elettrico segnò l’inizio di una nuova epoca per l’uso degli strumenti musicali.