Previdenza: le norme del 2010

Filomena Spisso
  • Autore - Laurea in scienze politiche

inps

Introduzione

L’Inps (Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale) ha provveduto di recente ad aggiornare  le stime che danno diritto alle prestazioni di tipo assistenziale: quindi, è necessario capire e approfondire quali sono i casi in cui l’assegno pensionistico tende ad essere “arrotondato”. Nello specifico si tratta dei limiti di reddito per incassare l’integrazione al minimo, oppure evitare i tagli alla rendita di reversibilità. Si tratta di una pratica che l’istituto adotta con cadenza annuale: in aggiunta, sono stati ritoccati anche i livelli che mettono al riparo dai tagli alle pensioni di reversibilità e di invalidità. L’Inps, tra l’altro, ha pubblicato i nuovi coefficienti di rivalutazione della retribuzione, i quali devono essere usati per il calcolo della pensione.

La nuova integrazione

Siamo di fronte al bonus, a carico dello Stato, che consente a chi ha pochi contributi (e quindi avrebbe diritto a una pensione piuttosto bassa) di raggiungere almeno il minimo che è stato stabilito dalla legge. Prendendo come riferimento di base i dati provvisori che attribuiscono il minimo delle pensioni a 460,97 euro al mese, la situazione nel 2010 si presenta in questo modo: 1)l’integrazione spetta nella misura totale se il reddito personale non va a superare 5.992,61 euro, mentre per chi è sposato il limite complessivo viene innalzato fino a 17.977,83 euro; 2)non vi è nessuna integrazione, invece, nell’ipotesi in cui il reddito personale non dovesse superare quota 11.985,22 euro (vale a dire due volte il minimo di legge) e nemmeno quando il reddito della coppia supera il tetto dei 23.970,44 euro (quattro volte il minimo). Bisogna comunque prestare molta attenzione in questo senso. Se il reddito personale o della coppia è compreso tra i due estremi, allora l’integrazione è parziale: tutto dipende dall’importo della pensione a calcolo e dalla consistenza del reddito stesso. Il reddito preso in considerazione è quello che viene assoggettato all’Irpef. Dal calcolo, poi, sono esclusi il reddito della casa di abitazione, il trattamento di fine rapporto e le relative anticipazioni e le competenze arretrate sottoposte a tassazione separata. Non concorre inoltre alla sua formazione l’importo della pensione da integrare. I limiti di reddito, personale e di coppia, devono essere rispettati; basta che uno dei due venga superato per escludere il pensionato dal bonus in questione. Lo stesso discorso vale anche nel caso in cui i redditi personali o cumulati siano compresi tra le due soglie previste: in questo caso, per calcolare l’integrazione vengono messe a confronto la differenza tra il limite e il reddito personale e la differenza tra il limite e il reddito di coppia. Da qualche anno la rendita di reversibilità, cioè quella che spetta agli eredi di un lavoratore, è vincolata al possesso di determinati redditi: chi li supera va incontro a dei tagli.

Le forbici dell’Inps

La penalizzazione, però, non scatta se nel nucleo familiare ci sono dei figli minori, studenti o anche inabili. Ecco quali sono le soglie da rispettare per evitare i tagli dell’Inps: A)se il coniuge superstite ha un reddito superiore a 17.977,83 euro, allora la reversibilità viene ridotta del 25%; B)se il coniuge può vantare un reddito che è superiore a 23.970,44 euro, allora subisce un taglio pari a 40 punti percentuali; C)infine, quando il reddito supera i 29.963,05 euro, l’assegno di reversibilità tende a essere dimezzato. I redditi che devono essere presi in considerazione sono tutti quelli che sono soggetti all’Irpef (con esclusione del reddito dell’abitazione). Un esempio può essere utile a comprendere meglio queste situazioni. Se una vedova può vantare un reddito annuo lordo pari a 20.000 euro, e quindi va a ricadere direttamente nel primo scaglione, le viene conseguentemente pagata una rendita che è pari al 45% di quella incassata dal coniuge (meno 25%), invece del normale e consueto 60%. Nel caso in cui invece il coniuge avesse percepito  2.000 euro di pensione, allora la vedova ne avrebbe incassati solo 900 invece che 1.200. Questi specifici tagli vanno a riguardare le pensioni di reversibilità liquidate dal primo settembre del 1995 in poi, ma anche quelle che erano già in pagamento in quell’epoca devono fare i conti con le “forbici” dell’istituto previdenziale. Se, infatti, la rendita tende a superare i limiti che sono stati previsti, l’importo in pagamento viene per così dire “congelato” e i futuri aumenti di scala mobile non verranno riconosciuti fino al momento della compensazione con la riduzione prevista e non applicata. Lo stesso tipo di regole, in conclusione, vale anche per quel che riguarda le pensioni invalidità. In effetti, nel 2010 questo tipo di assegno viene corrisposto nella misura ridotta, la quale è pari al 75%, nel caso in cui il titolare in questione presenti dei redditi da lavoro che hanno un importo superiore a quota 23.970,44 euro e nella misura ridotta (pari al 50%), nell’ipotesi in cui, invece, viene a essere superato il già citato muro dei 29.963,05 euro.

SIMONE RICCI