L’autodeterminazione dei tributi: gli adempimenti dei contribuenti
L’applicazione dei tributi: cos’è l’autodeterminazione
L’applicazione di tributi e imposte segue delle procedure variabili a seconda delle caratteristiche della ricchezza colpita e del numero dei contribuenti che vengono coinvolti. In Italia, il sistema fiscale si basa essenzialmente sull’autodeterminazione delle imposte da parte dei privati (operazione definita anche come “autoliquidazione” o “autotassazione”): il calcolo e il pagamento delle imposte più importanti e rilevanti è demandato ai contribuenti, mentre rimangono all’amministrazione finanziaria soprattutto funzioni di coordinamento, di recupero d’imposta evasa e di irrogazione delle sanzioni. L’intervento dell’amministrazione finanziaria, poi, non ha più i contorni di una volta, quando era necessario ad effettuare le valutazioni dispositive in ordine agli interessi socio-economici; al giorno d’oggi esso è divenuto solamente eventuale, in un contesto di disciplina legislativa del rapporto sostanziale. Questa sorta di “fiscalità di massa”, attraverso l’operato dell’amministrazione, ci fa capire qual è il potere di controllo destinato a indurre ad una corretta autodeterminazione dei contribuenti e, inoltre, a recuperare il gettito fiscale. Vi sono poi dei casi particolari, in cui è anche possibile un controllo permanente e contestuale sulla produzione e sulla commercializzazione (il tipico esempio in questo senso è quello dell’imposta di fabbricazione).
L’autoliquidazione dei tributi e i diversi tipi di dichiarazioni fiscali
Per quel che riguarda alcune imposte (come ad esempio l’imposta di bollo), l’autoliquidazione del tributo ha luogo senza alcuna comunicazione agli uffici fiscali delle informazioni che concernono la ragione del versamento. Però, l’autoliquidazione prevede anche che vi sia la comunicazione di varie informazioni all’amministrazione finanziaria: in relazione a quei tributi il cui calcolo è abbastanza agevole, le informazioni necessarie sono le generalità del contribuente e le ragioni alla base del pagamento, le quali vengono comunicate attraverso degli specifici documenti di versamento. Quando la procedura di applicazione del tributo diventa invece più articolata, si deve tenere conto anche di elementi che influenzano la determinazione dell’imposta e sono previste in questo senso delle apposite dichiarazioni fiscali (il modello 730 o il modello Unico). Queste dichiarazioni costituiscono la sede per effettuare l’autoliquidazione dell’imposta dovuta: in questo senso, alla dichiarazione stessa si accompagna l’autodeterminazione del tributo e un confronto tra le varie forme di anticipazione. Nelle dichiarazioni dei redditi principali, come quella dell’Iva (Imposta sul Valore Aggiunto), la dichiarazione ha l’intento principale ed esclusivo di effettuare una riepilogazione dei versamenti che devono essere stati effettuati in modo autonomo. Alcune dichiarazioni, poi, quelle che vengono anche definite “permanenti”, hanno ad oggetto degli elementi che sono stabili nel tempo (come ad esempio, la dichiarazione relativa all’Ici, l’Imposta Comunale sugli Immobili); altre volte ancora, le dichiarazioni dei redditi consentono invece all’ufficio finanziario di liquidare l’imposta e di richiederla al contribuente.
La natura giuridica delle dichiarazioni
La dichiarazione dei redditi è senz’altro una figura che si qualifica in funzione del contenuto di volta in volta assunto. Alcune dichiarazioni (ad esempio, gli atti legislativi, i contratti, i provvedimenti e le sentenze) hanno l’obiettivo di costituire o estinguere i rapporti contrattuali, mentre altre appartengono alla sfera dello svolgimento di rapporti giuridici già costituiti. Le dichiarazioni tributarie non sono dei semplici atti negoziali, ovvero della manifestazioni di volontà volte a costituire dei rapporti giuridici. La natura non dispositiva della dichiarazione dipende essenzialmente dalla disciplina legale della prestazione tributaria. Un contenuto negoziale della dichiarazione sarebbe compatibile solamente con un assetto sinallagmatico del rapporto, in cui la prestazione tributaria viene portata a termine al fine di riceverne una contropartita. Altra motivazione è quella secondo cui la dichiarazione venga riportata a eventi verificatisi nel passato, ciò vuol dire che essa ha carattere ricognitivo in punto di fatto, e di qualificazione giuridica in punto di diritto. Dunque, la dichiarazione viene inserita nelle cosiddette “dichiarazioni di scienza”: ma è alquanto limitativo accostare un tipo di definizione del genere ad un atto che è invece così ricco di qualificazioni giuridiche e di valutazioni di fatti. È sicuramente più opportuno, al contrario, inquadrare le valutazioni giuridiche della dichiarazione fra i cosiddetti “atti di giudizio” volontari, ma non in quelli dispositivi. Pertanto, è necessario che si tenga fermo il carattere non negoziale della dichiarazione (l’accostamento alla confessione è invece del tutto errato). Vi sono anche ipotesi in cui la disciplina legislativa della prestazione tributaria consente al contribuente di influenzare in maniera diretta la determinazione dell’imposta, andando a scegliere tra i vari criteri di valutazione e imputazione temporale degli elementi che caratterizzano l’imponibile (un tipico esempio riguarda la materia di tassazione delle imprese). Dunque la fiscalità italiana rimane una materia alquanto complessa: nel corso del tempo, i privati hanno visto sommarsi su di loro funzioni sempre più nuove e innovative, come la tenuta delle scritture contabili o anche l’emissione di documenti. Tutto questo ha creato un crescente malcontento nei confronti della burocrazia e del fisco stesso: la conseguenza è stata una progressiva semplificazione di tutto il sistema fiscale, in particolare per quel che riguarda le dichiarazioni dei redditi e il campo di applicazione degli oneri deducibili.
SIMONE RICCI