La riorganizzazione dei luoghi di lavoro
Introduzione
La letteratura economica specializzata ha posto in luce le condizioni generali associate ad una causazione positiva tra sindacalizzazione e produttività: relazioni cooperative (o conflittuali, ma non antagonistiche), contrattazione centralizzata e ‘decentramento organizzato’ della contrattazione di secondo livello. In aggiunta, è ormai largamente documentato il grande impatto sulla produttività delle cosiddette nuove pratiche di lavoro ad alta performance (NPL), pratiche che devono essere adottate in grappolo (non singolarmente e isolatamente l’una dalle altre) se si vogliono ottenere risultati positivi, e che includono fra le altre coinvolgimenti e ‘buone’ relazioni industriali.
L’introduzione delle cosiddette NPL avviene attraverso la riorganizzazione dei luoghi di lavoro, che si concretizza in una serie di cambiamenti tanto nel capitale fisico (investimenti in nuove tecnologie, ICT) quanto in quello organizzativo (organizzazione per processi piuttosto che per funzioni, riduzione dei livelli gerarchici e generale processo di decentramento dei poteri verso i livelli medio-bassi: maggior coinvolgimento dei singoli lavoratori e dei rappresentanti sindacali, lavoro di squadra, aumento della responsabilità e della conseguente discrezionalità a livello mediobasso, formazione di tipo cognitivo e relazionale, incentivi legati all’apprendimento). Gli investimenti nel capitale organizzativo danno luogo ad un processo virtuoso di sviluppo delle competenze, innescato dagli apprendimenti che si realizzano nell’ambito di comunità di pratica al cui interno si fa largo ricorso alle conoscenze tacite possedute dai lavoratori. Il fulcro di questo nuovo approccio è però costituito dalla stretta complementarità tra investimenti in beni tangibili (nuove tecnologie) e intangibili (nuove pratiche di lavoro), da cui scaturisce la maggior propulsione alla crescita della produttività e della performance. E uno dei presupposti degli investimenti nel capitale organizzativo è costituito dalla stabilità dei rapporti di lavoro, indispensabile per un maggiore coinvolgimento dei lavoratori nei processi di decisione e di gestione del cambiamento.
Categorie di investimenti
Le ricerche hanno documentato come senza la simultanea attivazione di entrambe le categorie di investimenti delle quali si è detto l’andamento della produttività aziendale rimane imbrigliato dentro un’organizzazione del lavoro di vecchio stampo, che mortifica e vanifica gli sforzi in investimenti fatti nella sola sfera delle nuove tecnologie a tal punto che i mancati investimenti in cambiamenti organizzativi diventano una vera e propria barriera ad ulteriori investimenti in ICT. Ma per cogliere appieno le complementarità occorre lungimiranza e persistenza, poiché gli incrementi di produttività si manifestano in modo significativo solo dopo alcuni periodi dall’avvio di un pacchetto integrato di cambiamenti. E solo incrementi significativi di produttività sono in grado di far incamminare l’impresa, e il sistema industriale nel suo complesso, lungo la strada del contenimento dei costi, dell’aumento della competitività e contemporaneamente di una crescita dei salari reali, in quanto si tratta di incrementi che derivano da uno sviluppo del capitale intangibile che si dimostrano duraturi proprio e perché questo è un patrimonio difficilmente imitabile dai concorrenti, quantomeno nel breve-medio periodo. Il grave problema di produttività di cui il nostro apparato soffre è il risultato non solo di infrastrutture inefficienti ma anche, e soprattutto, di una trappola culturale che vede nella tecnologia il principale o l’unico marchingegno della performance. Le macchine, per quanto sofisticate, non possono sostituire la volontà, le conoscenze e l’applicazione di chi le utilizza. La ricerca economica ha recentemente documentato anche un ulteriore effetto positivo che deriva all’impresa dall’adozione di una struttura piatta, snella, basata sui principi dell’organizzazione che consente l’apprendimento (learning organisation): la maggior propensione all‘innovazione dei prodotti e al miglioramento della qualità, in virtù della più intensa attività di risoluzione dei problemi e di ‘creazione della conoscenza’ che si materializza in un tipo di organizzazione come quella qui richiamata. Infine un ultimo risultato è costituito dal fatto che un più efficiente ed efficace uso delle spese in R&S stimola le imprese ad investire non solo per costruirsi delle competenze-chiave che siano difficilmente copiabili, ma anche per sviluppare internamente la capacità di assorbimento delle conoscenze esterne.
I contenuti di un nuovo Patto Sociale
In accordo con i termini dello ‘scambio politico’ necessario ad accelerare il quadro dei processi di riorganizzazione sopra delineato, i policy makers devono impegnarsi (in modo credibile) – oltre che ad abbattere con decisione le posizioni di rendita – a stimolare gli investimenti nelle nuove tecnologie e in capitale umano nonché ad incanalare risorse per favorire l’introduzione e la diffusione dei processi di riorganizzazione (che sono costosi), a facilitare l’acquisizione di posizioni lavorative stabili e fornire incentivi economici ai lavoratori per compensarli degli sforzi cognitivi e di apprendimento. Occorre a questo proposito tener conto che i costi di sviluppo delle risorse umane di oggi rappresentano dei miglioramenti per il sistema di sicurezza (welfare) di domani, dal momento che le nuove caratteristiche dei luoghi di lavoro generano un processo di apprendimento nell’intero ciclo di vita e che, di conseguenza, il fenomeno dell’obsolescenza delle competenze tenderà a ridursi nel tempo. Il più alto tasso di crescita della produttività potrà essere utilizzato per una seria politica dei redditi, capace di compensare i lavoratori, da un lato, e le imprese, dall’altro.
SIMONE RICCI