Il diritto del lavoro

Autore:
Massimiliano Grimaldi
  • Direttore responsabile

Introduzione

Il lavoro è una materia delicata e complessa che coinvolge interessi di diversa natura. Può essere considerato come mezzo di sussistenza per i lavoratori, come espressione della loro personalità, ma anche come elemento vitale dell’impresa e dell’economia nazionale. Il rapporto di lavoro subordinato viene anche a essere caratterizzato dal fatto che i contraenti dello stesso, se è vero che sono posti sul piano di una perfetta parità sotto il profilo giuridico (vale a dire che entrambi sono soggetti di diritto dotati della stessa capacità giuridica), non lo sono però da un punto di vista socio-economico, dato che esiste una parte molto più forte (il datore di lavoro) e una parte notevolmente più debole (il lavoratore).

 

La condizione di debolezza del lavoratore subordinato

La condizione di debolezza del lavoratore è una diretta conseguenza, oltre che della sua posizione di soggezione economica (il lavoratore ha la necessità di lavorare per provvedere ai suoi bisogni essenziali e a quelli della propria famiglia), che ne riduce il potere contrattuale, anche della situazione di dipendenza gerarchica nei riguardi del datore di lavoro, dalla quale possono originare violazioni della dignità e della libertà del lavoratore. Per queste sue specifiche caratteristiche, il lavoro subordinato è fatto oggetto di una copiosa e variegata produzione normativa il cui intento principale è quello di bilanciare lo squilibrio esistente tra le varie parti coinvolte. Il diritto del lavoro si pone insomma come un presidio a salvaguardia degli interessi economici e dei diritti della personalità dei lavoratori. Tale scopo viene perseguito da un lato mediante la prescrizione di numerose norme imperative volte a limitare la libertà contrattuale delle parti, soprattutto del datore di lavoro, dall’altro riconoscendo, favorendo e garantendo le forme di autotutela dei lavoratori (quali possono essere, ad esempio, lo sciopero e la contrattazione collettiva) realizzate attraverso le associazioni sindacali. L’insieme delle norme giuridiche che riguardano il lavoro subordinato va a costituire il diritto del lavoro: per la verità, comunque, una parte della dottrina adotta una più ampia nozione di diritto del lavoro, la quale è comprensiva della disciplina di ogni forma e tipo di rapporto di lavoro.

 

Le nuove tendenze del diritto del lavoro

Va precisato che negli ultimi anni, in conseguenza della grave crisi occupazionale, è in atto un processo cosiddetto di “deregulation”, diretto a ridurre la presenza di vincoli e di limitazioni a carico degli imprenditori per invogliarli ad assumere manodopera. In questa stessa direzione spinge anche l’esigenze di predisporre un sistema normativo in grado di adeguare il rapporto di lavoro alle concrete necessità che scaturiscono da forme produttive sempre più diversificate e complesse. Quello che si sta affermando è un principio di flessibilità del lavoro nel quale si fa ampio ricorso alla tecnica di rinviare la determinazione della disciplina alla contrattazione collettiva sindacale e dove si consentono delle deroghe ai principi normativi in considerazione delle differenti realtà produttive.

 

Le fonti contrattuali del diritto del lavoro

La regolamentazione del rapporto di lavoro, vale a dire l’insieme delle condizioni secondo le quali la prestazione lavorativa deve svolgersi, è contenuta soprattutto nelle fonti di tipo contrattuale, cioè nel contratto individuale di lavoro (stipulato tra il singolo lavoratore e il singolo datore di lavoro) e nei contratti collettivi di lavoro (stipulati dalle associazioni di categoria dei lavoratori e dei datori di lavoro). I contratti collettivi di lavoro sono quei contratti sottoscritti dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dalle corrispondenti associazioni dei datori di lavoro contenenti le regole cui sono tenuti a uniformarsi i singoli contratti individuali di lavoro. Il contratto collettivo non vincola i sindacati firmatari, ma crea delle obbligazioni fra i soggetti rappresentanti dei sindacati. La contrattazione collettiva è espressione dell’autonomia collettiva ed è un aspetto dell’azione sindacale. Essa è prevista dalla Costituzione, la quale attribuisce alle associazioni sindacali riconosciute, ovvero iscritte in un apposito registro, il potere di stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce (si tratta del quarto comma dell’articolo 39).

 

L’ambito di efficacia dei contratti collettivi

La norma costituzionale pone non pochi problemi operativi dal momento che non è stata emanata la legge istitutiva del registro presso il quale le associazioni sindacali avrebbero dovuto iscriversi per ottenere il riconoscimento. L’iscrizione, secondo il dettato costituzionale, è condizione indispensabile per dotare i contratti collettivi di efficacia generale vincolante per tutti gli appartenenti alla categoria, iscritti e non ai sindacati. Di conseguenza, i contratti collettivi attualmente in vigore vincolano soltanto i lavoratori aderenti al sindacato firmatario e ciò sulla base del mandato con rappresentanza che i lavoratori conferirebbero al sindacato al momento dell’iscrizione. Nella realtà, il contenuto dei contratti collettivi viene esteso anche ai lavoratori non iscritti appartenenti alla categoria interessata, almeno per quanto concerne la determinazione della retribuzione. Ciò è dovuto principalmente al fatto che la giurisprudenza considera i minimi retributivi stabiliti nei contratti collettivi come “retribuzione sufficiente” per assicurare al lavoratore e alla sua famiglia un’esistenza libera e dignitosa.

 

 

 

SIMONE RICCI