Contratto di lavoro a progetto (co.co.pro.)
Il contratto di lavoro a progetto (co.co.pro.) ha sostituito il c.d. contratto di collaborazione coordinata e continuativa (altrimenti detto co.co.co.), con la legge delega 30 del 2003 (c.d. legge Biagi).
Il contratto di lavoro si reputa a tempo indeterminato se il termine non risulta dalla specialita’ del rapporto o da atto scritto) per la tenuta del sistema previgente, che prevedeva il lavoro a tempo indeterminato come rapporto di lavoro normale, regolare;
la successiva individuazione di fattispecie esulanti dallo schema classico del lavoro dipendente a tempo indeterminato, dapprima viste come eccezionali;
la prassi della frantumazione dello schema contrattuale tipico del lavoro dipendente ed infine l’abrogazione del sistema stabilito dalla l.230/62, nonostante le vacue petizioni di principio di cui alla dir. 70/99 CEE, nella quale il rapporto a tempo indeterminato viene considerato come forma comune del rapporto di lavoro.
Fonti della Collaborazione coordinata e continuativa, oltre che le norme sotto citate sul lavoro autonomo, sono quelle di cui all’art. 409 c.p.c. e poi, in particolare, quelle previdenziali e tributarie, che replicano il contenuto della disposizione del codice di procedura civile
Normativa attuale
Sulla base delle deleghe, e’ stato poi emanato il D.Lgs. n.276 del 10 Settembre 2003, in G.U. 235 del 9 ottobre 2003, la cui pubblicazione nella versione finale, epurata da grossolani errori di redazione, e’ avvenuta solo con la G.U. 251 del 28 ottobre successivo. La fattispecie legale e’ prevista sub artt.61 e ss. del D.Lgs. citato, e prevede una forma peculiare di lavoro autonomo (es. contratto con l’idraulico per la sostituzione del rubinetto di casa) la cui normativa si ritrova negli artt.2222-2228 c.c..
Progressivamente, rispetto alla situazione di totale deregulation del contratto di collaborazione coordinata e continuativa, sono state introdotte tutele in favore del collaboratore autonomo. In particolare, in relazione al lavoro dipendente:
e’ del contratto per assenza per malattia o infortunio fino a un mese o a un sesto della durata del rapporto di lavoro,
e’ stata prevista l’espressa sanzione della conversione a tempo indeterminato se il giudice accerta la mancanza del progetto e dei requisiti di autonomia lavorativa propri della fattispecie legale (Art.69), fatta salva la situazione dei contratti di collaborazione in essere presso enti della pubblica amministrazione, i quali in nessun caso possono essere convertiti in contratti a tempo indeterminato attraverso un provvedimento del giudice del lavoro.
Come gli altri lavoratori autonomi e dipendenti, i co.co.pro versano, parzialmente tramite i datori di lavoro, contributi (che consistono all’incirca nei 2/3 della ordinaria contribuzione INPS, di cui 1/3 a carico del lavoratore e 2/3 a carico del datore di lavoro) a una cassa mutua di categoria(c.d. gestione separata, attualmente non cumulabile con eventuali altri contributi pagati ad altri fondi INPS) e pagano assicurazioni antinfortunistiche. Per ricevere un premio dell’assicurazione o una indennita’ di malattia e’ necessario che il lavoratore chieda alcuni giorni di sospensione del rapporto di lavoro; poiche’ questo puo’ spingere il datore a cessare il rapporto, cio’ di fatto impedisce al lavoratore di utilizzare servizi e contributi, per i quali ha subito delle trattenute. La stessa tutela della maternita’ assume aspetti problematici, nell’ambito del lavoro a progetto, perche’ se da una parte e’ espressamente prevista la facolta’ (non l’obbligo)per la lavoratrice in stato di gravidanza di astenersi dal lavoro durante i canonici 5 mesi prima e dopo il parto, godendo della sospensione del contratto e del mantenimento del posto di lavoro, nella maggior parte dei casi tuttavia la brevita’ del contratto e la grande disparita’ di potere contrattuale fra datore e lavoratore pone la lavoratrice nella necessita’ di celare la gravidanza o comunque di non abbandonare il posto di lavoro finche’ le e’ materialmente possibile. Va inoltre ricordato che l’indennita’ di maternita’ delle lavoratrici a progetto e’ di norma piuttosto ridotta, ammontando all’80% del salario complessivamente ricevuto nei 365 giorni precedenti all’inizio del periodo di maternita’, a condizione che la lavoratrice abbia versato contributi per almeno 3 mesi nell’anno precedente. Cio’ rende piuttosto difficile la condizione di quelle lavoratrici che svolgono lavori a progetto solo per alcuni periodi dell’anno. Sempre con riguardo alla maternita’, va ricordato che i lavoratori a progetto non godono di tutele quali l’astensione facoltativa dal lavoro, i congedi parentali, i permessi per malattia del minore etc.; e’ così evidente che, per la maggior parte di questi lavoratori, la nascita di un figlio comporta inevitabilmente la cessazione o la drastica riduzione dell’impegno lavorativo.
Una clausola di preavviso (Art.67 c.2) di solito e’ inserita nei contratti a progetto e autorizza il datore a licenziare con uno o piu’ mesi di preavviso il lavoratore, senza specificare il motivo e senza giusta causa. Cio’ annulla le tutele del lavoratore che puo’ subire la cessazione del rapporto contrattuale, per qualunque assenza dal lavoro: ferie, malattia, infortunio, maternita’. I giorni di assenza non sono retribuiti, come del resto avviene anche per gli altri lavori autonomi, cui e’ equiparato il contratto a progetto. Anche in caso di impossibilita’ a svolgere il servizio, dovuta a cause indipendenti dal lavoratore(come ad es. improvvisa chiusura del luogo di lavoro, cause di forza maggiore etc.), il lavoratore a progetto, pur essendo a disposizione, non percepisce, di norma, alcun tipo di retribuzione.
I contratti a progetto sono frutto di una trattativa privata fra datore di lavoro e dipendenti, che solo in casi rarissimi hanno lo stesso potere contrattuale. La mancanza di un contratto nazionale quadro determina condizioni di precariato a sfavore del lavoratore. Diversamente dai contratti per il lavoro dipendente, il sindacato non e’ presente alla trattativa e non esiste un salario orario minimo che deve essere corrisposto al lavoratore. Va inoltre ricordato che, salvo eventuali accordi diversi fra le parti, il lavoratore a progetto non gode di alcun diritto sindacale all’interno dell’azienda.
Una delle novita’ introdotte e’ l’introduzione nel contratto di lavoro del progetto quale elemento costitutivo dello stesso, in base all’ articolo 61 del decreto legislativo 276/03 i contratti di lavoro devono essere ricondotti ad uno o piu’ progetti specifici o a programmi di lavoro oppure a fasi di un programma di lavoro che deve essere gestito autonomamente dal lavoratore a progetto in funzione del risultato. Inoltre il contratto deve prevedere l’indicazione della durata che deve essere determinata o determinabile. In sostanza il legislatore obbliga le parti a definire un’attivita’ produttiva ben identificabile funzionalmente collegata alla realizzazione di un risultato finale che puo’ essere connessa all’attivita’ principale oppure riguardare un attivita’ accessoria dell’ impresa committente. Per programma di lavoro invece si intende un’ attivita’ cui non e’ direttamente riconducibile un risultato finale e che si caratterizza quindi per la produzione di un risultato destinato ad essere integrato da altre lavorazioni. In sostanza il progetto e il programma di lavoro hanno lo scopo di definire e delimitare lo spazio tempo all’interno del quale deve svolgersi la collaborazione evitando in tal modo che il lavoratore sia sottoposto al potere del committente di modificare tempi e modalita’ di realizzazione dell’opera senza il consenso del collaboratore.
In sostanza possiamo considerare quali elementi caratterizzanti del rapporto di lavoro a progetto:
il progetto o programma o fasi di esso;
l’autonomia del collaboratore in funzione del risultato;
il coordinamento con il committente;
la durata che deve essere determinata o determinabile;
l’irrilevanza del tempo impiegato per l’esecuzione della prestazione;
l’assenza di un vincolo di subordinazione.
Per quel che riguarda i requisiti di forma del rapporto a progetto, questo, in base all’articolo 62 del decreto legislativo 276/93 deve essere stipulato, ai fini della prova, in forma scritta e oltre a contenere l’indicazione della durata che come detto deve essere determinata o determinabile e l’indicazione del progetto o programma, deve contenere l’indicazione del corrispettivo e dei criteri per la sua determinazione nonche’ i tempi e le modalita’ di pagamento e la disciplina dei rimborsi spese, le eventuali misure per la tutela e la sicurezza del collaboratore a progetto, e le forme di coordinamento del lavoratore a progetto con il committente sulla esecuzione, anche temporale della prestazione lavorativa, che in ogni caso non possono essere tali da pregiudicarne l’autonomia nell’esecuzione dell’obbligazione lavorativa.
Profili di criticita’
Nella prassi, la distorsione del modello legale, ampiamente prevedibile, data la precedente esperienza delle collaborazioni coordinate, produce una notevole serie di problematiche:
Il salario e’ spesso legato, in tutto o in parte, al raggiungimento degli obiettivi, e non al monte ore speso nel rapporto di lavoro. Esso quindi si avvicina piu’ al modello del compenso proprio del prestatore d’opera, che allo stipendio dovuto al lavoratore per lo svolgimento della sua attivita’; in questo senso puo’ non essere corrisposto laddove l’obiettivo non risulti raggiunto.
la riconducibilita’ del modello legale al rapporto di lavoro autonomo implica la possibilita’ del datore di lavoro di determinare liberamente la periodicita’ della corresponsione del salario. Il contratto a progetto, infatti, contiene un compenso lordo comprensivo di tasse, contributi INPS e assicurazione, e la modalita’ di erogazione non e’ necessariamente mensile, ma lasciata alla libera determinazione delle parti. Il compenso puo’ riguardare anche un anno di lavoro e puo’ essere erogato in una singola tranche, a conclusione del rapporto di lavoro. Non vengono corrisposte, pertanto, mensilita’ ulteriori come la c.d. tredicesima, ovvero il trattamento di fine rapporto; ogni forma di compenso viene inclusa nell’unica somma complessiva concordata fra le parti al momento della stipula del contratto.
Il contratto a progetto non prevede l’esclusivita’ del rapporto di lavoro fra datore e lavoratore, salvo diverse previsioni contrattuali. Tale finalita’ e’ pero’ frustrata nella pratica, sicche’ e’ difficile che il lavoratore possa avere in corso piu’ contratti contemporaneamente per datori diversi; oltre alla clausola di esclusivita’, infatti, spesso nei contratti a progetto e’ presente il vincolo di riservatezza che impedisce al lavoratore finanche di poter divulgare liberamente i contenuti del rapporto contrattuale in essere e del lavoro svolto.
Il contratto a progetto, come noto, secondo le regole del rapporto di lavoro autonomo, puo’ essere rinnovato infinite volte (Circ.1/2004, Min. lav. Maroni). La possibilita’ di rinnovo e’ spesso utilizzata dai datori di lavoro per eludere le forme e gli adempimenti propri del contratto di lavoro a tempo indeterminato; il lavoratore a progetto si trova altresì, in questo modo, in condizione di costante precarieta’, e il licenziamento formale e’ sostituito di fatto dal mancato rinnovo del contratto, usato dal datore di lavoro come strumento di pressione psicologica nei confronti del lavoratore.
e’ spesso associato al fenomeno del Body Rental. Il lavoratore viene venduto ad un’altra azienda in cui svolgera’ la sua attivita’ con modalita’ differenti dagli altri colleghi: uno stipendio inferiore, una maggiore mole di lavoro che i colleghi delegano a lui, nessuna garanzia di continuita’, nessun orario fisso (ovvero per venire incontro alle esigenze dell’azienda dovra’ svolgere anche piu’ di 8 ore lavorative giornaliere). Infine nessuna possibilita’ di fare carriera presso l’azienda dove e’ ospite grazie alle clausole di non belligeranza previste dagli accordi tra le aziende che forniscono i lavoratori in body rental e l’azienda che li acquista.
In caso di fallimento del datore di lavoro, i lavoratori con contratto a progetto non hanno accesso al fondo nazionale di garanzia con il quale vengono pagati fino a tre mesi di stipendi (lordi) arretrati e la liquidazione ai dipendenti.
Costringe il lavoratore ad una gavetta infinita, il lavoratore e’ costretto a cambiare spesso lavoro in ambienti sempre nuovi, e spaesato deve sottostare ad ogni genere di soprusi da parte dei piu’ anziani con un posto fisso.
Costringe il lavoratore ad alternare periodi in cui e’ precario ad altri in cui e’ disoccupato; la stessa indennita’ di disoccupazione, normalmente fruita dal lavoratore disoccupato, e’ corrisposta al lavoratore a progetto in misura ridotta e solo a particolari condizioni.
Nessun negozio accetta pagamenti rateali da chi possiede questo tipo di contratto, nessuna banca permette l’apertura di un mutuo.
Il contratto a progetto e’ spesso il secondo gradino (sempre piu’ spesso l’ultimo) che un giovane compie nel mondo del lavoro in Italia. Il primo gradino e’ lo stage non retribuito anche della durata di 1 anno. Per questo motivo tale contratto e’ visto dal datore di lavoro come un traguardo importante per il giovane lavoratore italiano.
Scimmiotta i contratti in vigore nei paesi come gli USA, tralasciando il fatto che il mondo del lavoro in Italia non e’ fondato sulla meritocrazia ed e’ fortemente discriminante per quanto riguarda l’eta’. Questo significa che sebbene in possesso di un curriculum lavorativo eccellente, passati i 30 35 anni, il lavoratore a progetto viene condannato alla disoccupazione.
La possibilita’ per la donna lavoratrice a progetto di fruire dei diritti connessi alla maternita’ e’ enormemente ridotta; e’ prevista la sospensione del contratto causa maternita’, ma vista la breve durata degli stessi e il loro continuo rinnovo, spesso la lavoratrice e’ costretta a celare la maternita’ fin quanto possibile, per non perdere il posto. L’indennita’ di maternita’ e’ fruita in misura ridotta: essa corrisponde all’80% del salario giornaliero medio dell’ultimo anno, il che, essendo il lavoro a progetto spesso non continuativo nel tempo, comporta una indennita’ spesso molto ridotta. Per le lavoratrici a progetto, inoltre, e i loro coniugi o conviventi, non e’ disponibile il diritto ai congedi parentali e all’astensione facoltativa; nelle graduatorie comunali per gli asili nido, inoltre, nella maggior parte dei casi i lavoratori a progetto godono di punteggi inferiori rispetto ai lavoratori stabili, e quindi di fatto si trovano esclusi dall’accesso agli asili comunali.