Aspetti dell’economia medievale
Introduzione
In un’economia prevalentemente agricola, come quella del Medioevo, il commercio aveva un ruolo assolutamente preponderante e dinamico. La conseguenza più importante delle scoperte geografiche fu sicuramente lo spostamento dell’asse dei traffici commerciali: Spagna e Portogallo si affermano nella rotta dell’Oceano Indiano e insidiano quindi il ruolo di Venezia e delle altre città marinare. Sono proprio queste ultime a cessare di essere le principali protagoniste dei traffici commerciali; la Spagna infatti assume il controllo delle rotte per le Indie Occidentali (l’attuale America centrale), ma, assieme al Portogallo, non riuscirà comunque a sfruttare questo dominio.
La fine del ‘400 e l’inizio del ‘500
Già verso la fine del XV secolo, papa Alessandro VI aveva sancito la spartizione economica (la cosiddetta “Raja”) tra le due nazioni iberiche: viene ratificata una vera e propria spartizione del mondo, con la Spagna che riuscì ad ottenere l’Ovest con le Indie Occidentali e il Portogallo il resto delle rotte commerciali. Poi, l’anno successivo all’accordo col pontefice, il Portogallo si appropria anche del Brasile, grazie al Trattato di Tordesillas (1494). All’inizio del ‘500, dunque, ci ritroviamo con la Spagna a rappresentare un impero di dimensioni vastissime, il cui apice fu raggiunto nel 1519, quando era diventato imperatore Carlo V, figlio di Giovanna la Pazza e di Filippo il Bello d’Austria. Si tratta però di una situazione destinata a finire ben presto; già nel XVII secolo, infatti, la Spagna si trova in una fase declinante, visto che i livelli di vita sono molto bassi, vi sono frequenti epidemie e si subiscono gli effetti devastanti di una politica economica fin troppo autolesionistica. La finanza pubblica viene letteralmente dissanguata a causa dell’aumento delle guerre, una politica avviata da Carlo V e proseguita poi dal figlio, Filippo II il prudente. Le merci provenienti dalle Indie Occidentali non riescono a coprire le spese di guerra e allora la Spagna ricorre all’indebitamento: il ricorso più frequente è quello che va ai prestiti concessi dai cosiddetti mercanti-banchieri. Tra di essi, sicuramente i Fugger rappresentavano una delle più grandi dinastie, in quanto erano in grado di commerciare tessuti, stoffe, spezierie, metalli ed avevano investito i proventi delle attività nel settore finanziario. Uno dei principali artefici della prosperità di questa ricca famiglia fu Jakob Fugger, detto “il Ricco”, il quale concesse un prestito ingente all’arciduca Sigismondo d’Austria: il titolo era garantito dall’ipoteca delle miniere di rame e di argento del Tirolo (1488). Proprio da queste miniere vennero ricavati numerosi metalli preziosi e già nel ‘500 i Fugger avevano conquistato una vasta dimensione finanziaria, grazie anche ad altre concessioni di prestiti. La svolta avvenne nel 1519. Jakob concesse un prestito di ben 500.000 fiorini dell’epoca a Carlo V, divenuto imperatore grazie alle generose somme della famiglia Fugger, ma per finanziare le svariate guerre il sovrano continuò a ricorrere a prestiti a breve termine con garanzie ipotecarie. Quando comunque il re non riusciva a garantire la restituzione del prestito concesso entro i termini stabiliti, dichiarava bancarotta, trasformando la somma in una rendita perpetua; dunque, i Fugger avevano un capitale immobilizzato e non potevano rifiutare altri prestiti, visto che la corona di Spagna ricattava di disconoscere il pagamento delle rendite. L’ultima bancarotta risale ai primi del ‘600, un colpo che mandò in rovina la dinastia Fugger dopo quattro generazioni.
Gli altri prestiti dei banchieri
La vicenda dei Fugger non è comunque isolata, dato che vi furono altri banchieri che si legarono eccessivamente alla finanza pubblica: ad esempio, i banchieri genovesi finanziavano spesso il governo e nei casi in cui veniva dichiarata bancarotta dal sovrano, allora essi informavano i depositari. Per il Portogallo, invece, le cose cominciarono a peggiorare verso il 1580, quando, per una decisione autonoma, si decise l’annessione alla Spagna, con la speranza di subire benefici effetti. Ma i portoghesi risentirono soltanto dei fronti di guerra che la Spagna aveva in Europa e ne subiscono i relativi contraccolpi. Furono gli olandesi a subentrare alla nazione iberica nel ruolo di “controllore” delle rotte commerciali con l’India: in precedenza, i Paesi Bassi si limitavano esclusivamente al commercio di transito, ma ora si riesce ad approfittare della debolezza crescente dei portoghesi. All’inizio del XVII secolo, l’Olanda può controllare tutto l’arcipelago polinesiano, le isole delle spezie e il loro commercio, mentre al Portogallo rimanevano ben pochi avamposti, tra l’altro già compromessi. Anche l’Inghilterra sfrutta questo momento per appropriarsi di una buona parte del controllo delle Indie Occidentali. Gli olandesi ebbero successo perché praticavano una politica diversa da quella spagnola e portoghese: in essa, vi era infatti una sorta di mercantilismo “sui generis”, non esisteva una struttura accentrata, ma una confederazione. Inoltre, l’Olanda attuava anche un’importante politica protezionistica, riuscendo a sfruttare al meglio le sue possibilità. Fondamentale fu soprattutto il commercio attuato con le colonie, con l’area del Baltico e col Mare del Nord: in territorio olandese esisteva una struttura aperta al libero commercio e una maggiore tolleranza finanziaria rispetto al resto d’Europa.
SIMONE RICCI