This Must Be The Place, la vendetta secondo Sorrentino
Da oggi nelle sale è in programmazione il nuovo film di Paolo Sorrentino, girato in America e distribuito in Italia dalla Medusa. Protagonista è Sean Penn, nei panni di una ex-rockstar che decide di trovare nuove motivazioni nella propria vita andando a caccia del nazista che uccise suo padre nei campi di concentramento durante la guerra. Al suo fianco un cast di tutto rispetto, con Frances McDormand, Eve Hewson, Harry Dean Stanton e Joyce Van Patten tra i tanti.
Il film esce oggi con una carrellata di complimenti, alcuni forse un po’ troppo prematuri, e tanto entusiasmo, del resto, con una firma come quella di Paolo Sorrentino, una accoglienza del genere è del tutto legittima. Io mi recherò in sala (con la mia dolce metà!) convinta di vedere un film bellissimo ed una storia alternativa sul tema della vendetta. Storia che dovrebbe avere le tinte del road movie, inteso come quel grande percorso di visitazione degli spazi e della propria coscienza così come l’America, vuoi per la sua geografia, vuoi per la sua cultura popolare, ci ha abituati a vedere al cinema. Questa osservazione – fatta da Sorrentino stesso – vorrei un momento metterla da parte, per lasciarmi andare in una aspettativa del film a carattere “vendicativo”.
Leggendo in anteprima la trama di This Must Be The Place, ho subito pensato ad un plot “alla Kill Bill”, della serie “parti, trova e uccidi”, e qui penso che Cheyenne (il nome del personaggio interpretato da Sean Penn) la pensi come Black Mamba, visto che la vendetta diventa un motivo di vita anche per lui. Il genere della vendetta “personale”, in tutte le sue sfaccettature, è molto gettonato presso i film americani degli ultimi 10 anni, e questo in parte già spiega il buon successo nelle sale americane del film di Sorrentino. Gli americani hanno cominciato ad amare gli anti-eroi che combattono per una causa nata dal profondo dei loro cuori; pensiamo sempre a Sean Penn, che nel film The Assassination riesce a rendere simpatica e comprensibile la parte di un terrorista che vuole uccidere il Presidente degli Stati Uniti d’America. “Uccidere” un tempo era un istinto da censurare, e la “vendetta” era una ragione da evitare.
A sistemare i cattivi prima ci pensavano i buoni, i poliziotti, i supereroi, lo Stato. Oggi queste figure sono state palesemente screditate (forse perché gli attacchi terroristici hanno messo a nudo le debolezze d’America?), e l’unica forma di giustizia è quella della vendetta personale: fai da te, che è meglio. La vendetta non è più un piatto da servire freddo, ma un boccone da mandare giù, così com’è, pena il rischio di restare completamente a digiuno. Gustiamoci allora il menù di Paolo Sorrentino, convinti che almeno al palato faremo cosa gradita andando a vedere This Must Be The Place al cinema.