Hugo Cabret Recensione: quel grande sogno mai infranto chiamato Cinema!

Una neve soffice e palpabile avvolge la stazione ferroviaria di Parigi. Anni 30. I treni vanno e vengono; le donne impellicciate conversano e buffi personaggi caricaturali s’intrattengono in una routine loquace, scandita, meticolosamente, da un perfetto marchingegno: il gigantesco orologio che tutto vede e tutto sa di quel freddo via vai di anime.

Hugo Cabret Recensione: quel grande sogno mai infranto chiamato Cinema!

Un occhio ceruleo trascorre il suo tempo osservando le divertenti scenette tra un protettivo cagnolino ed un incorreggibile pretendente, l’apertura del piccolo bistrot che rifocilla i viandanti, la fioraia che regala un fresco bocciolo ai romantici ed il poliziotto, ossessionato dagli orfani, buffo ed irritante al medesimo tempo, dal passo claudicante.

Ma, dall’enorme vetro che separa la vita reale dal mondo di Hugo, fatto di marchingegni a carica, il piccolo orfano scorge, soprattutto, il piccolo topolino a molla di un orologiaio burbero e solo.

Hugo Cabret Recensione: quel grande sogno mai infranto chiamato Cinema!

Cabret ha uno scopo nella vita, quello di aggiustare gli oggetti, ma non è ancora consapevole che ciò che è davvero destinato a fare è aggiustare l’anima di qualcuno di molto speciale.

Hugo conosce Georges a seguito di furtarelli: piccole molle ed attrezzi trafugati dal negozio del giocattolaio, per uno scopo molto più nobile e superficialmente incompreso. Georges, lo scontroso orologiaio, coglie Cabret sul fatto e gli sequestra un prezioso oggetto, un taccuino con numerose annotazioni e disegni; volti che, assieme, compongono il profilo di una macchina misteriosa e, sebbene sia incredibile, dotata, per Hugo, di un’anima lungimirante.

Immersi tra macchinazioni della cinepresa e congegni perfetti, riviviamo, a brevi tratti, piccoli tasselli, appena assaggiati, del passato commovente di Cabret. Il padre era un giovane ed assennato orologiaio. Un giorno, l’uomo tornò a casa con un automa, un uomo meccanico che nessuno desiderava, ma che, purtroppo, aveva smesso di ingranare. Riparare quel serioso pezzo di ferro  era divenuto lo scopo condiviso di padre e figlio; ciò che univa le loro speranze ed i loro cammini… Finché un incendio non infranse i sogni di Hugo. Suo padre perì e lo zio ubriacone trascinò il piccolo negli alloggi asfissianti, destinati agli orologiai che fanno sì che il tempo non si fermi nel centro nevralgico di Parigi.

Hugo, così, venne abbandonato a sé stesso e si occupò del tempo, pulendo e mantenendo puntuale il grande orologio che ormai era la sua casa, nella quale viveva da solo, con quell’automa dagli occhi spenti, l’unico ricordo di suo padre.

Cabret doveva recuperare il suo taccuino, per non perdere l’ultimo filo che lo collegava ai suoi affetti. Georges sembrava eccessivamente ostile con quell’orfano sporco di olio per ingranaggi; un’ostilità che celava angoscia, dolore, sofferenza. Quell’uomo che ora consumava una vita comune ed anonima aveva reso possibile la più grande illusione per tutti gli uomini e tutti i bambini, per tutti i padri e per tutti i figli: aveva pensato il cinema come una fabbrica di sogni.

Hugo Cabret Recensione: quel grande sogno mai infranto chiamato Cinema!

Hugo, disperato, si affida alla figlia adottiva di Georges, Isabelle. In lei troverà un’amica, una confidente, una salvatrice, colei che sarà il tramite tra il suo passato ed il suo futuro. L’astuta ragazzina gli promette di tener d’occhio il suo prezioso quaderno di appunti.

Isabelle voleva vivere un’avventura vera e sapeva che Hugo poteva realizzare il suo desiderio. Certo, leggeva tante storie appassionanti in quei libri, presi in prestito in biblioteca, ma attendeva di trovare il suo vero scopo nell’esistenza. C’era una cosa, però, che Isabelle non aveva mai fatto: andare al cinema. Hugo non farà sì solamente che Isabelle viva la sua prima avventura, in carne ed ossa, ma, altresi, ch’ella scopra che i sogni su carta possono prender vita, grazie ad una pellicola che scorre, tramite un ingranaggio perfetto e funzionante.

Ma l’automa di Cabret non funzionava. A quell’automa mancava il “cuore”, il cuore d’Isabelle. La ragazza, a cui il padrino aveva negato severamente il cinema, aveva al collo la chiave per realizzare il più grande sogno di Hugo: ricevere dal padre una destinazione da prendere nella sua precaria esistenza, per mano di quel “fantoccio di ferro” che lo scrutava nelle notti agitate.

Il messaggio dell’automa è un messaggio molto più importante; un viatico per conoscere il più grande sogno che bambini ed adulti possano immaginare: il Cinema! La luna ironica de Le Voyage Dans La Lune sarà il messaggio che un padre lascerà al figlio per ritrovare il coraggio di vivere i propri sogni e non più da solo.

Hugo Cabret Recensione: quel grande sogno mai infranto chiamato Cinema!

Isabelle e Cabret s’immergono tra le pagine delle prime enciclopedie sul cinema, quelle che raccontato gli esordi, ad inizio novecento, della più grande illusione di tutti i tempi, ma così realistica che, quando i fratelli Lumière la proposero, per la prima volta, ad un piccolo pubblico, tutti temettero di venirne travolti!

Anche Georges Mèliès ne fu travolto, travolto nell’anima. Esordì come mago e poi trasferì quella magia sugli schermi, una magia muta ma insaziabile; in bianco e nero, ma colorata con la forza della passione da una coppia di prestigiatori dei sentimenti e delle passioni. Poi il silenzio si tramutò nel frastuono delle bombe e per quel cinema delle grandi illusioni ci fu solo una via: il dimenticatoio, quello in cui le opere del pioniere caddero quando gli uomini scoprirono che i sogni non facevano parte della crudele e spietata realtà.

Georges era tornato alla grigia e tangibile vita di tutti i giorni, scandita dal grande orologio, dal quale Cabret lo osservava ogni singolo istante, senza sapere dei suoi giorni di gloria e della sua fama amara che aveva desiderato cancellare dal cuore e dalla memoria.

Ma il cinema non è un amore che si può lavar via dal cuore. Quella magia non segue le logiche del tempo ed un bambino può mostrarci, in tarda età, il marchingegno più importante da utilizzare quando ci si avvicina alla macchina perfetta del cinema: il cuore!

Quell’orologio segnava un destino; per alcuni dimenticato, per altri da scovare. E se la realtà è troppo amara per essere affrontata, c’è quella macchina dei sogni, in cui ogni singolo fotogramma è utile all’immaginifico: il cinema perfetto di Martin Scorsese!

Hugo Cabret Recensione: quel grande sogno mai infranto chiamato Cinema!