Festival di Cannes 2011: vincitori e vinti
Un qualcosa che finisce lascia sempre dietro di se una specie di vuoto, condito di tristezza e malinconia. Se poi a concludersi è la 64° Edizione del Festival di Cannes il carico da sopportare aumenta. Senza contare il fatto che i film italiani in gara sono rimasti a bocca asciutta, perchè allora si aggiunge pure l’amarezza della sconfitta…
Tragedie a parte (quanto ci piace a noi latini crogiolarci nel “dolore”, facendo un po’ di scena) quello che è giusto è giusto e da buoni sportivi stringiamo virtualmente la mano al vincitore della Palma d’Oro: The Tree Of Life del regista Terrence Malick (dove Brad Pitt ha superato se stesso). Anche perchè ce ne possiamo andare a testa alta e con tutti gli onori grazie a Habemus Papam di Nanni Moretti e a This Must Be The Place di Paolo Sorrentino, nel quale in effetti confidavamo moltissimo visto le critiche più che positive. Ma non si può ottenere tutto dalla vita, dico bene? Anche se uno ci spera!
Boccone meno amaro per l’attore Sean Penn che se contava di ottenere qualcosa con il ruolo della rockstar Cheyenne (nel film di Sorrentino), peraltro riuscitissimo, si può consolare essendo anche il protagonista della pellicola che ha vinto su tutti, stregando la kermesse.
Non dimentichiamo, comunque, che This Must Be The Place è stato riconosciuto, in qualche modo, aggiudicandosi il Premio Ecumenico della Giuria della Federazione Internazionale della Stampa Cinematografica. Non proprio pizza e fica, insomma, sebbene le mire fossero altre.
Per quanto riguarda gli altri partecipanti, il Gran Prix della Giuria ha avuto un ex aequo con Once Upon A Time In Anatolia di Nuri Bilge Ceylan e Il Ragazzo Con La Bicicletta dei fratelli Dardenne.
Il Premio per l’Interpretazione Maschile se lo aggiudica Jean Dujardin per la sua interpretazione in The Artist di Michel Hazanavicius.
Il Premio per l’Interpretazione Femminile, invece, se lo porta a casa Kirsten Dunst per Melancholia di Lars Von Trier, meritatissimo a mio modesto avviso (per quanto riguarda lei), nonostante le assurde dichiarazioni del regista per le quali è stato poi espulso dal Festival. Addirittura si pensava che il film, benchè meritevole, non venisse più preso in considerazione, ma la Giuria alla fine non si è rivelata così dura e spietata, dando a Cesare quel che è di Cesare, come si dice.
Il Premio alla Regia lo ritira Nicolas Winding Refn con Drive (esalto da un perfetto Ryan Gosling), definito dallo stesso regista un noir al neon.
Il Premio alla Sceneggiatura lo vince Joseph Cedar con Footnote, definito geniale da molti.
Il Premio della Giuria se lo aggiudica Polisse di Maiwenn Le Besco e a nessuno viene in mente di protestare. Il film è bello, crudo, lucido, un autentico pugno nello stomaco. Quindi non si può ignorare il male e il “livido” provocati dalla sua visione che ferisce attraverso l’argomento trattato: la pedofilia.
La Camera d’Or per la migliore Opera Prima è consegnato a Las Acacias di Pablo Giorgielli, facente parte della Settimana Della Critica.
La Palma d’Oro per il Miglior Cortometraggio è stata assegnata a Maillot De Bain 46 di Wannes Destoop.
Un altro ex eaquo c’è stato per il Premio Un Certain Regard, che ha premiato Arirang di Kim Ki-Duk e Halt Auf Freier Strecke di Andreas Dresen.
Il Premio Speciale della Giuria va a Elena di Andrey Zvyagintsev, cha ha suscitato diverse emozioni con la storia (tipicamente russa nella sua narrazione) di una famiglia come tante in cui marito e moglie si trovano divisi nell’affetto che nutrono per i figli avuti in precedenti relazioni.
Il Premio per la Regia Un Certain Regard lo vince Bé Omid é Didar di Mohammad Rasoulof.
Il Primo Premio della Cinéfondation è consegnato a Doroteya Droumeva per il suo Der Brief. Mentre il Secondo Premio della Cinéfondation se lo aggiudica Kamal Lazraq con Drari. E infine il Terzo Premio della Cinéfondation va a Ya-Gan-Bi-Hang di Son Tae-Gyum.
Il Premio FIPRESCI se lo porta a casa Le Havre di Aki Kaurismaki. E ci sembra il minimo la storia di un’amicizia nata fra un ex scrittore che ora fa il lustrascarpe e un bambino immigrato che proviene dall’Africa.
Che dirvi ancora, amici lettori? Si continuerà a parlare del Festival di Cannes 2011 nei giorni a seguire e di certo verranno fuori pettegolezzi e malumori, ora sopiti, specie da parte di chi, perdente, appena tornato a casa si leverà di dosso il sorriso plastico del “va bene così” dando libero sfogo al suo vero pensiero… Ma a noi non importa. La Giuria è insindacabile, soprattutto che a capitanarla c’è un Presidente del calibro di Robert De Niro (e guai a chi me lo tocca!) e in un modo o nell’atro sappiamo che per quanto oggettivo possa essere un giudizio siamo sempre fatti di carne e sangue e come tali ci facciamo prendere dalle emozioni (e dalle preferenze).
Proviamo quindi a essere felici solo del fatto che il Cinema esista e continui a proliferare, nonostante la crisi generale di molti Paesi. Rendiamo grazie, noi amanti spassionati della settima arte, di tutto quello che ancora viene creato e messo a nostra disposizione… Questa, per quanto mi riguarda è la vera Kermesse. E il premio finale siamo noi, anche se non ce ne rendiamo conto. Noi spettatori. Noi cinefili. Noi tutti che affolliamo le sale cinematografiche, godendo di altre vite, altre dimensioni, altri ruoli e altri mondi… anche solo per il tempo di due ore…