Festival di Cannes 2011: Il Ragazzo Con La Bicicletta dei fratelli Dardenne conquista la kermesse
Il Ragazzo Con La Bicicletta. Questo il nome del protagonista nella quinta giornata del Festival di Cannes 2011. La kermesse, con il programma di oggi ricco di ospiti e di titoli importanti, è stata conquistata dal lavoro di una coppia molto particolare: i fratelli Jean-Pierre e Luc Dardenne, già vincitori (tra l’altro) di due Palme d’Oro al Festival, nel 1999 e nel 2005.
La manifestazione torna dunque in linea con i film d’autore, che sono forse i suoi preferiti. Come preferito in questo giorno è stato appunto Le Gamin Au Vélo, titolo originale della pellicola che uscirà nelle nostre sale il 20 maggio e che narra di un ragazzino di soli dodici anni alla ricerca di un padre che l’ha abbandonato.
Cyril ha quasi dodici anni e un solo chiodo fisso in quella sua testolina dura: ritrovare suo papà, che lo ha lasciato temporaneamente in un centro di accoglienza per l’infanzia. Il ragazzo ovviamente non ci sta con la decisione presa dall’irresponsabile genitore e durante l’ennesima fuga incontra per caso Samantha. Lei è una donna docile, sensibile, buona, che ha un negozio da parrucchiera e che accetta di tenerlo con sé durante i fine settimana. Convivenza tutt’altro che facile per entrambi. Cyril è un ribelle, come la maggior parte dei ragazzini abbandonati a loro stessi, che crescono con l’atroce consapevolezza di non essere amati e voluti, reagendo con rabbia e violenza a qualsiasi attacco fisico o di parola. E’ così che fa a botte con i coetanei del quartiere, fa conoscenze sbagliate e finisce nei guai con la legge, spezzando il cuore a Samantha. L’unica cosa che rimane al nostro protagonista, oltre al bisogno inconsapevole dell’affetto della donna, è la sua bicicletta. In sella alla sua vera e unica compagna Cyril non rinuncerà a ripercorrere la strada verso casa, scoprendo così la verità su se stesso e sulla vita, unica risposta in grado di placare la sua rabbia.
Per capire meglio la storia ecco il “trailer in bootleg” qui di seguito:
httpv://www.youtube.com/watch?v=iYTJFxP4qQw
Nel cast, ad affiancare il giovane Thomas Doret, troviamo Cécile De France, Jéremie Renier, Fabrizio Rongione, Egon Di Mateo e Olivier Gourmet.
Molto amati dalla critica e presentando un’opera così delicata e toccante, che racchiude in sè una serie di argomenti correlati fra di loro, questi due registi belgi ci si aspetta già di vederli premiati, in qualche modo, anche solo per non spezzare la tradizione che li vede spesso vincenti. Sarebbe comunque un riconoscimento meritato, lo ammettono in tanti. Anche perchè come si può non applaudire a qualcuno che narra in modo così semplice e pulito, eppure fitto di complessità e verità, di un ragazzo in cerca d’amore? Non lo siamo stati tutti almeno una volta, chi prima e chi dopo, chi per un motivo e chi per un altro? Non che questo debba fare la differenza, per carità. Un film è bello e convince perchè fatto bene, perchè interpretato con dignità e realismo. Ma è certo che la storia che si racconta deve un minimo coinvolgere. Deve farsi strada in noi, non soggiogando solo lo sguardo attraverso immagini seducenti o ben orchestrate dalla scenografia e dal direttore di fotografia. Nel caso de Il Ragazzo Con La Bicicletta la trama conquista per conosciuta. Una conoscenza tenuta a distanza, il più delle volte, ma che messa davanti al nostro naso ci porta a riflettere, a ricordare, a sospirare sapendoci fortunati o a reprimere le lacrime immedesimandoci nel piccolo Cyril e nella sua muta e caparbia ricerca d’aiuto.
Bisogna riconoscere, soprattutto, che i film d’autore non raccontano mai qualcosa di facile. Qualcosa che si possa ingrandire o rimpicciolire a piacimento attraverso la fantasia o l’esagerazione degli effetti speciali, creando così un’immagine distorta della realtà e facendoci desiderare di prendervi parte, fuggendo così dal mondo vero in cui viviamo. Questo per certi versi è il cinema, siamo d’accordo, ma vi è un lato della settima arte che richiama a sè noi tutti ponendoci semplicemente uno “specchio” davanti. Specchio in senso metaforico, ovvio. Presentandoci dunque un spettacolo che rispecchia noi stessi. Le nostre speranze, i nostri bisogni, le nostre tragedie quotidiane, i sogni e gli incubi, le perdiete, le mancanze, gli errori e i sensi di colpa, tutto ciò che è la nostra vita, la vita vera, quella che viviamo da quando ci alziamo al mattino a quando ci addormentiamo la notte e dalla quale spesso cerchiamo di evadere nascondendoci proprio in una sala cinematografica, il più delle volte. Sperando di trovare qualcosa di diverso ad accoglierci, che ci faccia fuggire ancora più lontano, anche solo con la mente. Che riesca a distrarci, a farci dimenticare. Ecco perchè non è facile “riconoscere” e apprezzare una pellicola che, al contrario, ti sbatte in faccia come stanno le cose. Quelle cose che ti attendono una volta usciti dal cinema e tornati alla propria esistenza…
Un applauso ai Dardenne, allora, che hanno osato tutto questo e oseranno ancora, trovando in noi cinefili e fan quella gratificazione di cui, in fondo, hanno bisogno. Prima di tutto come registi e subito dopo come uomini.